Esperimenti di olive fresche

È successo che qualche tempo fa sono andata al mercato di Benedetto Marcello.
Come mercato non è che mi sia piaciuto granché: troppa confusione, troppo disordine, molta fuffa. Però ci sono un sacco di ortolani stranieri che vendono prodotti inusuali, almeno per Milano. In particolare, diversi banchetti di nordafricani proponevano le olive verdi fresche. Peccato che nessuno mi sapesse dire che farmene.
I più intraprendenti mi spiegavano, a gesti, che si mangiavano (!). Un tale, per convincermi, ha insistito che ne assaggiassi una e… beh, avete in mente la cosa più amara che abbiate mai assaggiato e, insieme, quella che più lega la bocca? Ecco: un’oliva fresca.
Eppure, via via che procedevo, sulle bancarelle ce ne erano a cassette, addirittura a montagne: possibile che ci fossero così tante olive in vendita e nessuno mi sapesse dire come fare a renderle commestibili? Alla fine, ho trovato un ambulante maghrebino che sosteneva di essere un biologo e che, in un italiano un po’ approssimativo, mi ha spiegato che dovevo lasciarle a bagno in acqua e bicarbonato, per un certo numero non meglio precisato di giorni, poi metterle in salamoia. Mentre spiegava, ne aggiungeva a manciate in un sacchetto, che poi mi ha messo in mano chiedendomi la bellezza di 75 centesimi (per mezzo chilo di olive). Ho pagato e pensato che, se non avessi ottenuto nulla di buono, comunque avrei sprecato pochi soldi.
Per perfezionare le mie conoscenze, ho proseguito finché sono arrivata dagli italiani che, al posto di quelle verdi, ne avevano di nere. Chi mi ha venduto quest’altro tipo (un paio d’etti, il prezzo non lo ricordo, più alto delle altre ma comunque nulla di che), dopo una rapida consultazione con il vicino di bancarella mi ha detto di friggerle con olio e sale e mangiarle, e che non aveva idea di come trattare le verdi.

Tornata a casa con il mio bottino, ho fatto un giro in rete: anche se in genere non do particolare credito a questo tipo di ricerche, su un argomento tanto nebuloso volevo raccogliere più nozioni possibile. Da tutto quello che ho letto, ho elaborato un piano, messo in pratica nel mio esperimento.
Prima ho pestato quelle verdi con un martelletto di legno, per spaccarle.
Quelle nere no, perché inizialmente pensavo di saltarle in padella come mi era stato suggerito. Ma a un primo assaggio risultavano anche loro troppo forti.
Sicché, sono finite entrambe a bagno, in due bacinelle separate: le olive verdi con acqua e bicarbonato, quelle nere solo con acqua.
I primi giorni sono stata diligente e ho cambiato il bagno più volte (diciamo, tre o quattro al dì). Poi mi sono un po’ stufata e ho eseguito l’operazione due o una sola volta al giorno, e mi sono anche stufata del bicarbonato: chissà se avevo capito bene.
Anche perché ogni tanto facevo la prova di assaggiarle ed erano sempre immangiabili, quindi non ero convinta valessero lo sforzo.
Poi, dopo circa due settimane di ammollo, magicamente ne ho provata una e non era più cattiva.
Il momento era dunque giunto. Ecco che ho fatto. Ho messo le nere in una teglia con pezzetti di scorza d’arancia, le ho salate in abbondanza e le ho infornate, diciamo a 150°, per un paio d’ore. A un certo punto le ho sforacchiate qua e là con uno stecchino, perché volevo che si asciugassero e venissero grinzose come quelle che si comprano.
Tolte dal forno e raffreddate, le ho condite con olio e scorza d’arancia nuova.
Le verdi le ho trattate in due modi diversi. Un po’ le ho semplicemente messe nei vasetti e coperte con salamoia preparata sciogliendo 100 grammi di sale per litro d’acqua e facendola raffreddare prima di riempire i vasi. Altre le ho condite con sale, origano, peperoncino, spicchietti d’aglio interi e olio.
Ora, da ieri sono tutte nel mio frigo. Dovranno restarci un po’, immagino, a insaporirsi. Ma l’aspetto è invitante, il profumo buono. Il sapore? Vi dirò.

Informazioni su Francesca Romana Mezzadri

cucinare e amare. non necessariamente in quest'ordine
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9 risposte a Esperimenti di olive fresche

  1. ugo ha detto:

    Pensa dal primo Homo erectus, che passeggiando ne ha infilata una in bocca una… sputandola certamente, che testardaggine c’e voluta (o fame) per “stroligare” il modo di renderle accettabili…..

    Industrialmente le olive vengono trattate con soda e tanta acqua qualcosa di molto simile di quanto hai fatto.

  2. Giorgio ha detto:

    Io ho un simpatico vicino siciliano che trascorre il suo tempo a giocare con le olive verdi crude… Ogni tanto me ne regala qualcuna… Potrei sentire il suo parere, potrebbe dare origine a un’interessante condivisione di saperi oliveschi…. L’unico problema è che, pur avendo la mia età (e quindi non 80 anni!), parla un vernacolo strettissimo, di cui afferro sì e no una parola su 100 e solo per merito del commissario Montalbano…

    • Beh semmai riuscissi a decifrarlo, magari dice qualcosa che il mio ortolano maghrebino (altrettanto incomprensibile, immagino!) ha tralasciato. Comunque a un primo assaggio sembrano buone… se non mi uccidono perché si sviluppa il batterio killer dell’oliva che prolifica se non si usa la calce viva…

  3. Giorgio ha detto:

    Più che altro dovrei trovarmi un pomeriggio per starlo a sentire, registrarlo e poi sbobinare la cassetta assieme a Camilleri… Non sto esagerando! Speriamo che il batterio non ti uccida, devi ancora scrivere parecchio su questo blog.

  4. ugo malagoli ha detto:

    Tolto il gusto del “far da se” l’esperienza mi insegna che le olive sono uno di quei prodotti che richiedono trattamenti particolari che definirei industriali, ancorchè possibili con attrezzature rudimentali, sono comunque difficilmente riproducibili e controllabili a livello domestico o artigianale. Oltretutto i prodotti reperibili sul mercato vanno dal commestibile all’eccezzionale con prezzi e reperibilità alla portata di tutti, (o quasi).
    Ahimè, o forse no, le olive come alcuni altri prodotti fanno parte di quelle categorie che è meglio lasciar fare ai professionisti supportati da strutture più o meno grandi, ma dedicate.
    Io non ho ricordo di Prosciutti “nostrani” o casalinghi se non poco più che commestibili, così come vini del contadino, formaggi di rango, o aceto balsamico improvvisato. (questo merita un capitolo a parte che sarebbe interessante sviluppare in collaborazione di Francesca, se vorrà, essendo figlio del territorio così vocato.). Mentre ritengo sublimi certe preparazioni anche e soprettutto domestiche di sottaceti quali carciofi, melanzane, ecc.
    Ciao

  5. @Ugo – Non sono completamente d’accordo. Sul fare le cose in casa, intendo. Un conto è il vino del contadino, classica truffa per turisti fuori porta – ma qui invito Giorgio a intervenire perché ne ha sicuramente da dire, come scrisse già in passato su mia “istigazione”. Invece, un’oliva fresca conservata in casa o anche la bresaola che fa mio fratello, per dire, certo sono del tutto differenti dai corrispondenti prodotti industriali, ma se sono buone (e per quel che ho sentito, le olive sono mica male, e la bresaola di mio fratello è ottima), stai certo che hanno un sapore unico. Non in senso superlativo, ma proprio letterale: un sapore che non troverai da nessun’altra parte. Che per una persona che ama mangiare è sempre una bella sorpresa, no? Certo, poi ci sono esperimenti più riusciti di altri e a dirla tutta non sono una grande “conservatrice”, faccio giusto la passata e il pesto (che congelo) a fine agosto. Però delle mie olive mi sa che vado un po’ fiera. Ciao!

    • ugo malagoli ha detto:

      @ Francesca Proposta: mandami un assaggio delle “Tue” olive che io ti mando un po’ delle “mie” Amarene.

      Comunque, e chiudo l’argomento, intendevo dire che se per fare 2 kg di tortellini ( i miei sono da 2,5 g. l’uno cioè 400 per fare un kg,….) impiego 5 ore tra sfoglia, ripieno e confezione ritenendoli almeno alla pari a quelli della premiata Salumeria Giusti che li vende a 45 euro/kg. e non confondibili con gli “sfogliavelo” ^__^, per un Pacchero di grano duro e meglio comprare un pacco di “Gragnano” a 3 euro che tentare di riprodurli…
      Ciao
      PS: Sempre lusingato dalle Tue (Vostre) risposte.

  6. Giorgio ha detto:

    Invece sul vino del contadino non dico nulla, perché anch’io – come Ugo – ho avuto soltanto esperienze che, al limite, potevano esser in qualche modo bevibili (a esser buoni). Invece credo di capire perfettamente che cosa voglia dire ugo: se per avere un chilo di tortellini “fatti in casa come una volta” ci impiego un pomeriggio, alllora mi conviene comprarli da un rivenditore di fiducia, senza per forza ripiegare sugli sfogliavelo e, ancor più, inutile che trasformi casa mia in una filiale di Gragnano per riprodurre un’abbozzata pasta secca.

    Non credo che ugo volesse combattere il fai-da-te a tutti i costi (uno che si fa le “sue” amarene si troverebbe in conflitto di interessi…), ma soltanto il fai-da-te “a tutti i costi”. Poi, che uno voglia provare a fare confetture e conserve per diletto, magari con risultati eccellenti, ben venga.
    Amo molto (peccato che se la mangiano più gli altri del sottoscritto) la mia confettura di pesche, amaretti e cioccolato bianco o quella di pere (del mio alberello) e cioccolato fondente. Aspetto con trepidazione che i miei giovanissimi gelsi (uno nero, uno bianco) producano more per poterne ricavare altrettante rare confetture… Ma questo è tutto compreso nel fai-da-te “buono”, quello delle amarene ughesche, per intenderci. Sul resto, anch’io sono un po’ diffidente. Le olive conservate hanno una grande tradizione casalinga (vedi mio vicino palermitano: le sue sono buone, come immagino siano quelle di Fra), di molti salumi e formaggi si hanno produzioni limitatissime che possono definirsi familiari (e infatti spesso hanno i loro buoni difetti, ma che possono passare – questi sì, più stretto il discorso sul vino – per “rusticità”). Insomma, io sono per il fai-da-te “se ti viene bene e ti diverte e non ti fa perdere tanto tempo da impazzire”, soprattutto se attorno hai la possibiltà di avere un prodotto migliore senza appunto impazzire.
    Sì alle olive e alle amarene, insomma, no alla pasta di grano duro casalinga. Credo di essere sulla stessa linea di ugo, insomma. E probabilmente lo sei anche tu, Fra.

    • ugo malagoli ha detto:

      In realtà i tortellini li faccio, quando posso, per il gusto di farli, di mangiarli crudi mentre li chiudiamo….e perchè esperimento vari dosaggi e materie prime.
      Poi con i tempi che corrono: 2 x 45 = 90,00 euro .La materia prima quando eccezzionale incide per 20 euro al massimo con parmigiano 50 mesi (ora si fatica un po’ a trovarlo) e Parma 18 mesi.

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