Un pizzico di sale

È l’ingrediente imprescindibile. Non, banalmente, perché sala. Ma perché esalta gli altri sapori, in molti casi li tira letteralmente fuori, li estrae da cibi che altrimenti non ne avrebbero. Certo, occorre dosarlo bene. Il sale è il responsabile della maggior parte degli errori in cucina. E se aver tenuto la mano leggera è un difetto che si può facilmente correggere (non sempre però: se l’acqua della pasta è sciapa, la pasta resta sciocca anche se rovesci la saliera sul piatto), viceversa se ci vai giù pesante son fatti tuoi.
Puoi solo che scusarti.
Mi spiace non avere il trucco che insegni come quantificare esattamente quel pizzico che dà gusto, diversamente dal pizzicone che, come diceva la mia nonna, fa addirittura amaro. L’unica regoletta (assai scolastica) è 10 grammi per litro d’acqua per etto di pasta.

Fin qui, inutile bla bla. Ma ora viene il bello. Perché sì, vi racconto i miei, di sali.
A cominciare dal pluricitato sale Maldon, che nella foto di gruppo in cima al post biancheggia al centro degli altri mucchietti.
Maldon è un distretto dell’Essex, nel sudest dell’Inghilterra. Il sale che viene da lì è in fiocchi, in pratica fior di sale ovvero la parte più pregiata che affiora in cristalli sottilissimi e croccanti.
E qui mi vien subito da dire: scegliere un sale piuttosto che l’altro è questione di consistenza, di aspetto e di gusto, ed ecco perché i sali per così dire “particolari” si usano solo al momento di servire e, possibilmente, non su ingredienti eccessivamente “succosi” che li scioglierebbero più o meno all’istante.
Il sale Maldon su un fritto o su una frittata, su una jacket potato (tanto per rimanere in GB) o su una coscetta di pollo arrostita, su una tartare o una tagliata, è bello da vedere per la sua tridimensionalità (certi fiocchi hanno forma di prisma) e dà un delizioso effetto “crunchy”.

A dire il vero, su tartare e tagliate il più bello in assoluto è il sale nero delle Hawaii (non lo avevo da fotografare, però), a granelli di media grandezza che fanno un contrasto meraviglioso sul rosso della carne al sangue. Unico difetto: coi succhi della carne il nero (sostanze vulcaniche aggiunte durante l’essiccazione) si slava via e il sale torna bianco. Ma, almeno al momento di portare in tavola, l’effetto è assicurato.
Alle Hawaii sembrano avere una certa tradizione per la lavorazione del sale colorato perché da qui arriva anche il rosso (nella mia foto, in basso a sinistra) dai granellini piccini e tondeggianti (ma esiste anche grosso) che devono il loro colore all’aggiunta di argilla naturale. Leggermente aromatico e, direi, di sapore “secco”, sta cromaticamente bene con qualcosa di bianco o rosa chiaro: orata o branzino, pollo o tacchino, filetto di maiale o salmone.
Proseguiamo in senso orario e troviamo, in alto a sinistra, il sale Chardonnay della California. Che è un fleur de sel che deve il suo aroma al fumo prodotto con botti di vino, Chardonnay per l’appunto. In questo caso, il fumo è un retrogusto preciso di cui tenere conto quando si aggiunge questo sale su carne e pesce.
Stesso discorso per il vichingo affumicato, in alto a destra, con larghi fiocchi croccanti e aromatici (l’affumicatura è fatta con legno di pino e pepe nero), a dispetto di quel che si potrebbe pensare non eccessivamente “barbaro”, anzi piuttosto discreto.
È invece una vera sinfonia di profumi e sapori il sale Halen Mon affumicato, altro inglese di pregio (che esiste anche bianco, così come il Maldon esiste anche affumicato). Profumato al legno di quercia (barricato, insomma!) e venato da un’intrigante dolcezza, sprigiona il meglio di sé su carni alla griglia, sulla selvaggina e, per esempio, sulle quaglie, che ormai sono tutte d’allevamento ma conservano quel certo sentore selvatico che si sposa bene al carattere di questo sale.

Fermiamoci qui. Anche se ci sarebbero da dire ancora un sacco di cose. Sui sali francesi, su quelli siciliani, sul sale di Cervia. E poi, tutto il discorso sugli aromatizzati, che però a me non convincono. Ne ho provati agli agrumi, persino alle olive nere, ma nonostante il sale sia un conservante naturale, finivano per sviluppare un sentore rancido leggero ma fastidioso.
Concluderò dicendo che quelli della foto sono finiti, mescolati, in una scatolina dando vita a un personalissimo blend. Il mio sale.

Ps: i sali fotografati, eccetto il Maldon, e alcune delle notizie che ho dato arrivano da Bembo, che ne ha più di 90, tutti da scoprire.

il mio sale blended

Informazioni su Francesca Romana Mezzadri

cucinare e amare. non necessariamente in quest'ordine
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3 risposte a Un pizzico di sale

  1. Luca Ottolini ha detto:

    Bellissimo post. Adoro il sale ed uso tutti quelli che hai citato. Per uso quotidiano trovo superlativo il Sale dei Papi delle saline di Cervia, ha un attacco quasi dolce ed una sapidità molto delicata.

  2. Giorgio ha detto:

    Bellissimo articolo! Grazie!

  3. ugo ha detto:

    I miei complimenti. Un Brava a Te e alla Bembo (ottima azienda distributrice di eccellenze alimentari, attenta all’offerta,alla qualitâ e al packaging, di conseguenza un po’ meno al prezzo. Comunque i suoi prodotti sono una splendida occasione di regalo alternativo, intelligente e gradito. Di questa azienda sono assolutamente da provare anche le carni. Vedi mia risposta su articolo precedente ndr) Una considerazione, discorsi sulla salute a parte (il sale ê il primo e piû pericoloso killer a tavola, anche piû dell’alcool perchê onnipresente e nel 90% dei casi dosato nel cibo da altri…) La quantitá del sale in un cibo tra quella immessa nella preparazione piû quella aggiunta dal commensale’ delineano il confinine tra cuoco e cuocitore o praticone; tra gourmet e “magnador da matrimoni”… Infine vedo con piacere che il sale ha acquisito per alcuni il rango di Ingrediente con la I maiuscola finalmente spogliato dall’umiliante suffisso q.b. Non avrei finito ma mi sono dilungato credo q.b. ^__^ Ciao a tutti

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