Non amo l’autunno. La bruma mi arriccia i capelli. L’aria umida mi fa venire mal di gola. Le giornate che si accorciano mi mettono malinconia. Per fortuna, c’è il tartufo, quello bianco! In presenza di questo raro e nobile frutto della terra, avvolta dal suo sublime aroma, incantata dalla pioggia di scaglie, persino la sottoscritta può tornare a sorridere. E sorrisi ce ne sono stati tanti alla serata #piemontetartufo organizzata allo Sheraton Malpensa, deus ex machina di tanta bontà ed eleganza l’impareggiabile Carlo Vischi, partner Regione Piemonte e Centro Nazionale Studi Tartufo a presentare a stampa e blogger Le Fiere del Tartufo (dal 6 ottobre al 1 dicembre in una ventina di comuni fra Cuneo, Asti, Alessandria, Torino). Accolti da un’interminabile teoria di appetizer e finger food (su tutti indimenticabili il Castelmagno a scaglie e il tonno di coniglio al ginepro), siamo stati accompagnati per mano ai piatti forti della serata, rigorosamente guarniti da scaglie, scaglie e scaglie di tartufo bianco: dall’immancabile battuta di fassona al delizioso uovo cotto a bassa temperatura, dai cardi gobbi con fonduta alla zucca intera al forno, e poi raviolini, risotto, il brasato con la polenta e per finire, ci fosse stato ancora un angolino, gianduiotti come se non ci fosse un domani. Un menu di grande tradizione ed esecuzione impeccabile grazie alla maestria di Enrico Fiorentini, chef residente, e degli ospiti Walter Ferretto (Il Cascinalenuovo, Isola d’Asti) e Bruno Cingolani (Scuderie del Castello di Govone, CN).
Cose che sapevo sul tartufo…
Il tartufo non è, come molti credono, un tubero (come la patata), né una radice (come la carota), ma un fungo ipogeo, ovvero sotterraneo, che cresce in simbiosi con diverse piante da cui trae nutrimento.
Un tempo i cercatori usavano le scrofe, anziché i cani, attirate dai fitormoni prodotti dal tartufo, di composizione chimica affine a quella degli ormoni di richiamo sessuale dei maiali maschi.
Il tartufo nero cresce anche in Francia, ma il bianco nasce solo sul suolo d’Italia.
…e cose che ho imparato
Secondo la mitologia, è stato il caro vecchio Zeus a fertilizzare la terra e… zot! ecco nascere i tartufi.
Il colore della scaglia può variare dal beige al bianco candido a seconda della pianta con cui il tartufo è cresciuto in simbiosi, dalla quercia al pioppo, dal tiglio al faggio.
Le venature rossastre, che a volte percorrono la polpa, sono dovute alla presenza di un microrganismo “buono”: non solo nel senso che non fa male ma, letteralmente, perché spesso intensifica il profumo del tartufo.
I cani migliori hanno le zampe corte: altrimenti, scaverebbero troppo a fondo e potrebbero “rompere” il tesoro appena scovato – oltre che papparselo e scappare a gambe levate!
A gambe levate sarei scappata anch’io, rubata una trifola dal trionfo che troneggiava sul tavolo dei cuochi: ah, non fosse stato per i tacchi alti!