Scrivere di cucina (e scrivere ricette) è fare la giornalista?

glocalHo partecipato al Festival Glocal News, il festival del giornalismo digitale (e non solo) organizzato da Varesenews.
È stata l’occasione per riflettere sulla professione, mia e di tanti altri “enogastrocosi“, come mi diverte chiamare i colleghi che si occupano di cibo, cucina, vini e affini.
Il mio intervento, condotto insieme all’amica Anna Prandoni, si intitolava: “Da Cenerentole della comunicazione a influencer, oggi i food writer non possono trascurare le regole classiche del giornalismo: fonti attendibili, lavoro di ricerca, esposizione chiara, scrittura corretta. Persino di una ricetta, fedele ricostruzione di un fatto”.
Roba seria, insomma. E come tale l’abbiamo trattata. Io, persino costruendo una scaletta, che è stato l’inizio del mio discorso e che qui vi riporto per sommi capi, sia mai che qualcuno se la fosse persa o non avesse preso appunti 😉

1. Perché ho bisogno di una scaletta?
Perché per raccontare qualcosa si deve procedere con ordine logico.
Così come quando si spiega una ricetta, partendo dalle operazioni preliminari per poi arrivare alla presentazione del piatto: i “precedentemente” non valgono!

Se arrivate al momento di mettere al forno il tacchino di Natale (che è stato il goloso esempio portato avanti durante la nostra chiacchierata) e leggete: “Spennellatelo con il burro precedentemente fuso a fuoco dolce con uno scalogno sbucciato e diviso a spicchi e qualche foglia di salvia pulita e spezzettata con le mani”, ma voi non avete neppure tirato lo scalogno fuori dal frigo, la ricetta è stata scritta male, e voi avete un problema.

Le cose che avete da dire vanno scritte nel giusto ordine.
Consiglio banale? Forse. Da ricordare? Sempre.

2. E come la faccio, la scaletta?
Qui ci si sposta dalla ricetta a un qualunque altro genere di post o articolo.
Quale che sia l’argomento del vostro scrivere, partite dall’enunciazione dell’argomento (il titolo) che sarà l’incipit al pezzo.
Poi, dividetelo in punti, che saranno lo svolgimento.
Infine, tirate le conclusioni, la chiusa del pezzo.

3. Quali vantaggi ho?
Se fate una scaletta, il 70 per cento del vostro articolo o post è praticamente già fatto.
Esempio: la mia serie dei “5 errori” su Dissapore.
Qui, scelto un argomento, individuo e metto su carta i 5 errori di cui parlerò. Mentre li seleziono, ragiono già su come raccontarli e, quando mi accingo a scrivere, il pezzo (almeno nella mia testa!) è già fatto: una bella cosa, no?

4. Fonti attendibili: cosa sono e dove le trovo?
Procediamo con l’analisi della seconda parte dell’enunciato: “I food writer non possono trascurare le regole classiche del giornalismo: fonti attendibili, lavoro di ricerca, esposizione chiara, scrittura corretta. Persino di una ricetta, fedele ricostruzione di un fatto”.

Chi scrive di nera va al commissariato, chi fa cronaca parlamentare si affida agli uffici stampa di politici e ministeri, e così via. Va bene ascoltare i rumors, ma poi occorre verificarli e, quando necessario, sentire le due campane.
Perché scrivendo di cibo dovrebbe essere diverso?

Le fonti per chi si occupa di alimentazione e ricette devono essere cuochi, produttori, se serve medici nutrizionisti e, soprattutto per le ricette e le recensioni, anche esperienza personale, se l’avete.

NB: Sì, l’esperienza personale prevede anche gli assaggi, ma solo se si è capaci di assaggiare. Ovvero, se si ha il palato, si conoscono i prodotti, le tecniche e anche la storia professionale del cuoco che ha cucinato per noi.
Altrimenti, limitandosi alla “cronaca” non si sbaglia mai.

5. Lavoro di ricerca: NON si fa su internet!
La rete può essere un primo spunto, soprattutto per chi si trova ad affrontare un argomento che non conosce.
Ma non può essere l’unico serbatoio da cui attingere.

Bisogna, invece, tornare alle fonti. Quindi approfondire con cuochi, produttori e LIBRI.

6. Esposizione chiara e scrittura corretta
È davvero necessario dirlo? Da quello che si legge sui giornali e, soprattutto, in rete, sì, purtroppo.
Quello dell’esposizione chiara e della scrittura corretta dovrebbe essere il mantra di chi scrive, doppiamente di chi scrive online, dove si tende a usare un tono più informale, e soprattutto di chi tiene un blog. La formula “diario personale” non deve far dimenticare che si sta scrivendo per i lettori.
Scrivere bene in italiano ed esporre gli argomenti in modo comprensibile è la prima forma di rispetto nei loro confronti.
La seconda è, naturalmente, dare informazioni utili, verificate e quindi corrette. E torniamo alle fonti.

Piccolo corollario: scrivere in modo personale (come è fortunatamente possibile fare sui nuovi media) NON significa abbondare in aggettivi e avverbi, mettere punti esclamativi e puntini di sospensione come fossero prezzemolo sul sauté di vongole, usare vezzeggiativi e forme colloquiali a profusione.

Nella bella scrittura, less is more.

7. Conclusione
Che sia una recensione, la storia di un prodotto, il racconto di un evento o la recensione di un locale, tutto si deve trattare come fosse un fatto di cronaca o una nota politica, ovvero, fare una “fedele ricostruzione di un fatto”.

Quindi, sì: scrivere di cucina e scrivere ricette è fare la giornalista.

Bene. Depongo la penna da maestrina e torno in cucina, a mettere su il brodo, cosa che mi si confà maggiormente.
Non senza, prima, aver ringraziato chi mi ha invitata a parlare e chi ha avuto la cortesia di seguirmi. Alla prossima: sarà #glocal16?

Informazioni su Francesca Romana Mezzadri

cucinare e amare. non necessariamente in quest'ordine
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3 risposte a Scrivere di cucina (e scrivere ricette) è fare la giornalista?

  1. Giorgio ha detto:

    Al di là della risposta alla domanda, non è un po’ sessista il titolo di questo post? “Scrivere di cucina (e scrivere ricette) è fare la giornalista?” fa capire che tale attività è regno indiscusso delle regine del focolare.. E i giornalisti maschietti? Loro ricette non le scrivono? Beati loro… Io, come giornalista, qualche ricetta (non poche) l’ho scritta, sebbene non per la tua indimenticabile Io Cucino (lì davvero era il tuo regno indiscusso).
    Insomma, anche i maschietti scrivono (o sono costretti a scrivere) ricette, dai!
    Anche se farlo non è un atto giornalistico, ma un atto redazionale. Ciò non significa che scrivere ricette sia facile. Anche la neurochirurgia è complicata, ma non è atto giornalistico, così come non lo è scrivere ricette.
    Purtroppo c’è molta, moltissima confusione in proposito e Glocal 15 (tutto Glocal 15, non solo l’intervento Mezzadri/Prandoni, ci mancherebbe!) non ha fatto altro che sottolineare questa confusione fra gli stessi protagonisti del settore.
    Ma ne riparlerò in altra sede, non qui, in questo blog che vuol essere mantenuto scientemente leggero.

    • ahah sessista forse ma al contrario! in realtà il titolo nasce dal fatto che questo è il mio piccolo blog in cui riporto le mie esperienze personali, sicché… ciò detto, caro giorgio, non sono d’accordo: credo sia il mezzo che fa l’atto. ovvero, scrivere ricette su un giornale è fare il/la giornalista. scriverle su un blog è fare il/la blogger. ma la mia tesi si spinge oltre: se tutti coloro che scrivono applicassero, indipendentemente dal mezzo su cui lo fanno, poche, piccole regole mutuate da quelle che dovrebbero disciplinare (dovrebbero, non sempre lo fanno) la professione giornalistica, si leggerebbe molta meno fuffa. in rete e non solo

  2. Pingback: Capire le ricette: 5 errori che facciamo spesso - Italia Per Me

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